La Cassazione penale esclude la responsabilità "da posizione" del primario

La Cassazione penale esclude la responsabilità
28 Giugno 2018: La Cassazione penale esclude la responsabilità 28 Giugno 2018

Con una sentenza ampiamente motivata (la n. 18334/2018) la Cassazione penale è tornata ad occuparsi del problema del nesso causale in tema di responsabilità medica, in ipotesi di cooperazione colposa tra le condotte di diversi sanitari, e fra queste di quella del medico che venga a trovarsi in "posizione apicale" nel reparto nel cui ambito costoro abbiano operato.

Dopo aver puntualmente ricostruito gli aspetti fondamentali della propria giurisprudenza in materia di causalità (e, in particolare, di quelli riguardanti il "giudizio controfattuale" da compiersi con riguardo alla condotta doverosa omessa o disattesa dai singoli imputati), la Corte si è pronunciata in termini assai precisi con riguardo alla responsabilità dei primari.

In primo luogo essa ha affermato che "deve escludersi che il medico di vertice abbia effettivamente in carico la cura di tutti i malati ricoverati nel proprio reparto" e non ha "l'obbligo di dover valutare tutti i casi che entrano in reparto, a meno che non gli venga segnalata la portata anomala di qualcuno dì essi".

Tuttavia, "il medico in posizione apicale sulla base della disciplina di settore attualmente vigente, ha, oltre che compiti medico-chirurgici propri, anche l'obbligo di dividere il lavoro fra sé e gli altri medici del reparto e di verificare che le direttive e istruzioni che impartisce... siano correttamente attuate", ragion per cui egli può incorrere in condotte colpose "riconducibili a due macrocategorie: la c.d. culpa in eligendo e la c.d. culpa in vigilando".

Egli può, invero, concausare "colposamente l'evento infausto attraverso l'inadeguata divisione del lavoro (culpa in eligendo)", per una imprudente "scelta" del collaboratore cui "affidare lo svolgimento di una determinata attività", ovvero violando una "regola di diligenza volta a disciplinare la condotta altrui", e quindi omettendo di provvedere all'appropriata verifica del "corretto espletamento dell'incarico pur delegato a persona competente".

Detto in altri termini, nel caso del primario "opera una vera e propria «delega di funzioni impeditive dell'evento» in capo al medico in posizione subalterna (Sez. IV, 28 giugno 2007, n. 39609)” cui egli delega determinate funzioni nell'ambito dell'organizzazione del proprio reparto.

Tale delega è suscettibile di esimerlo dalle responsabilità connesse alla propria "posizione di garanzia", a condizione però che le attività delegate siano affidate a persona competente (e vengano efficientemente organizzate) e che a ciò si accompagni un'appropriata "verifica del corretto espletamento delle funzioni delegate" da parte sua.

Ed è proprio sulla tematica del dovere di vigilanza del primario — quale veniva in rilievo ai fini dei fatti giudicati dalla Corte - che "si innesta il limite all'operatività del principio di affidamento", consistente nel fatto per cui "chi abbia istituzionalmente un obbligo di controllo dell'altrui operato non potrebbe confidare nella sua correttezza, assurgendo questa proprio ad oggetto della propria vigilanza".

Al riguardo la Corte però si domanda "se la presenza di obblighi di controllo sull'operato altrui escluda completamente la possibilità di fare affidamento sulla altrui diligenza, con conseguente configurabilità di una cooperazione colposa in caso di evento infausto derivante dall'altrui condotta inosservante non percepita né emendata".

La risposta a questo interrogativo è molto chiara:

"Tuttavia ipotizzare un obbligo di controllo tanto pervasivo da non consentire alcun margine di affidamento sulla correttezza dell'operato altrui significa esporre a responsabilità penale il medico in posizione apicale per ogni evento lesivo possa occorrere nel reparto affidato alla sua direzione. Ciò, a prescindere da fattori quali le dimensioni della struttura, il numero di pazienti ricoverati, l'assegnazione degli stessi a medici di livello funzionale inferiore ma comunque dotati per legge di un'autonomia professionale il cui rispetto è imposto alla stessa figura apicale.

Pertanto deve ritenersi che allorché il medico apicale abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo e, ciononostante, si verifichi un evento infausto causato da un medico della propria struttura, di detto evento debba rispondere eventualmente unicamente il medico o i medici subordinati.

Ravvisare infatti una responsabilità penale del medico in posizione apicale anche in questi casi significa accettare una ipotesi di responsabilità per posizione, in quanto non può pretendersi che il vertice di un reparto possa controllare costantemente tutte le attività che ivi vengono svolte, anche per la ragione, del tutto ovvia, che anch'egli svolge attività tecnico professionale.

In tal caso, appare evidente il rischio di contrasto col principio di responsabilità penale personale, ex art. 27, comma I Cost.".

Tutto ciò ha condotto la Corte ad annullare senza rinvio la sentenza d'appello che aveva ritenuto penalmente responsabile un primario dell'operato di alcuni medici del suo reparto, nonostante dagli atti del processo emergesse la prova che "i fatti si svolsero in un ambito temporale ristretto, che [l'imputato] non ebbe modo di visitare direttamente il paziente, che nulla a riguardo gli fu segnalato dai medici della struttura".

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